Catturare l’attenzione? Solo il primo passo per avere successo sui social: oggi, i brand sono di fronte a una delle sfide più grandi, ovvero imparare a parlare (davvero) alle nuove generazioni. Le vecchie regole del marketing non sempre possono essere applicate, soprattutto perché Millennial e Gen Z considerano i contenuti come vere e proprie opportunità, esperienze, modi di creare connessioni. Ma come si costruisce un dialogo che funzioni? Capire e progettare una content strategy per Gen Z e Millennial non è facile, ma è indispensabile per non rimanere indietro. Ma prima di tutto dobbiamo comprendere profondamente chi abbiamo davanti, intercettando bisogni, desideri e linguaggi di due generazioni protagoniste della scena digitale.
Due generazioni, mille sfumature
Millennial e Gen Z non sono intercambiabili. I primi, nati tra i primi anni ’80 e la metà degli anni ’90, sono cresciuti con internet e hanno assistito alla nascita dei social media; la Gen Z, invece, è nativa digitale: per chi è nato dopo il ’97, la connessione è un dato di fatto. Da una parte abbiamo i Millennial, quindi, interessati agli approfondimenti e allo storytelling, grandi amanti dei podcast, e apprezzano i formati visivi, se ben pensati. Dall’altra, la Gen Z: contenuti rapidi, visivi, talvolta effimeri. Il feed è ormai un archivio, mentre le storie, i reel e i video brevi sono il vero palcoscenico.
Naturalmente i social sono ormai super affollati: come si fa a far fermare lo scroll? Cosa rende davvero un contenuto rilevante per queste generazioni? L’autenticità è un valore che, per fortuna, con il tempo non abbiamo lasciato indietro: i filtri patinati funzionano solo fino a un certo punto. Poi, c’è bisogno di raccontare la vera anima del brand. E c’è di più: le nuove generazioni riconoscono immediatamente un messaggio costruito ad arte e lo scartano senza rimorsi. Vogliono vedere persone, storie, errori, contraddizioni: vogliono la verità. Non dimentichiamo un altro aspetto fondamentale per i Millennial quanto la Gen Z: l’inclusività. I contenuti che parlano solo a un pubblico generico o omologato non funzionano più. Le generazioni vogliono sentirsi rappresentati dai loro brand. Vogliono sentire una connessione che va ben oltre l’acquisto di un oggetto o l’erogazione di un servizio.
Dove e come: piattaforme e formati che funzionano
TikTok ha cambiato le regole del gioco, letteralmente: video brevi, montati in modo dinamico. Vince lui per la Gen Z. Ma anche Instagram Reels e YouTube Shorts non sono da meno: parlano un linguaggio immediato, dove le emozioni si consumano in pochi secondi e, con un po’ di impegno, sono nate per restare. I contenuti che funzionano? Quelli che non sembrano pensati da un brand, ma creati da utenti reali. Meme, trend remixati, contenuti user-generated, micro-video con insight veloci o ironici: la guerra dell’engagement è appena all’inizio.
E no, non basta essere presenti. Bisogna produrre contenuti nativi per ciascuna piattaforma. Ciò che funziona su YouTube non può essere semplicemente riciclato su TikTok. I numeri, alla fine, ci dicono che le nuove generazioni scoprono i brand proprio sui social. A sostegno di questa tesi basti pensare alla crisi della televisione generalista, da sempre considerata tra i principali mezzi per pubblicizzarsi. Ma i giovani guardano sempre meno la tv, mentre lo schermo del cellulare è ormai quasi un’estensione della loro personalità.
Qual è la rotta da seguire?
Chiaramente la pianificazione non può essere ridotta a un mero piano editoriale. Servono ascolto costante, capacità di adattarsi in tempo reale, ma anche una visione. I brand devono smettere di “parlare a” e iniziare a “parlare con”. L’obiettivo non è piacere a tutti, ma arrivare al cuore degli utenti interessati. Anche a costo di sperimentare e, sì, persino di rischiare, ma solo con la giusta strategia. Non significa ovviamente “gettarsi di pancia”, senza pensare o riflettere. Ma preferire una strategia mirata, in cui ogni contenuto è specificamente rivolto a qualcuno, e non solo a un insieme.
Tutto ciò è possibile rivolgendosi agli esperti del settore come Say Social, che si propone come partner strategico per i brand che vogliono fare un salto di qualità nella comunicazione digitale. Grazie a un approccio data-driven e una conoscenza approfondita dei linguaggi social, supportano le aziende a trasformare obiettivi di business in contenuti capaci di creare valore. Ogni strategia è un viaggio. Say Social crede che il modo migliore per affrontarlo sia con strumenti giusti, visione chiara e una presenza che sappia ascoltare, dialogare e innovare. Perché connettersi è solo l’inizio: costruire relazioni autentiche è la vera meta.